Delibazione o exequatur
La delibazione o exequatur è il procedimento giudiziario mediante il quale lo Stato riconosce, concedendone l’esecuzione, gli atti ecclesiastici.
Si ricorre alla delibazione nei procedimenti civili di scioglimento dei matrimoni per rendere efficace la sentenza ecclesiastica di nullità, cosicchè le parti possano contrarre un nuovo matrimonio.
Risale all’anno 1984 il nuovo Concordato concluso tra la Città del Vaticano e la Repubblica Italiana, che ha modificato il Concordato Lateranense del 1929. Il nuovo accordo politico è formato da quattordici articoli diretti a “regolare le condizioni della religione e della Chiesa in Italia” ed in particolare l’articolo 8 afferma e tutela “gli effetti civili del vincolo matrimoniale celebrato in forma canonica”.
Pertanto, ad oggi, la sentenza ecclesiastica di nullità di un matrimonio celebrato in forma canonica e poi trascritto civilmente (concordatario), diviene giuridicamente efficace nella Repubblica Italiana mediante istanza di delibazione. Tuttavia la delibazione della sentenza ecclesiastica deve essere richiesta da entrambi gli ex coniugi o anche da uno soltanto, ma l’altro non dovrà opporsi una volta venutone a conoscenza.
Condizione essenziale perché si possa addivenire a detto procedimento è che si sia ottenuto l’exequatur, il decreto di esecutività, dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
Tale decreto viene emesso dal Tribunale di Seconda Istanza – ovvero quello che ha ratificato (confermato) il procedimento in primo grado -, dopo aver accertato la corretta applicazione delle norme del diritto canonico nel procedimento svoltosi davanti ai Tribunali ecclesiastici. Per avviare la relativa procedura, infatti, la prestampata domanda e relativi allegati vanno depositati presso il sopracitato Supremo Tribunale.
Il procedimento di delibazione si svolge davanti alla Corte d’Appello competente territorialmente e cioè quella in cui si trova il Comune nel quale il matrimonio concordatario è stato trascritto.
Il giudizio di delibazione si fonda sul principio della domanda che, come già anticipato, può essere presentata da entrambe le parti o da una soltanto di esse.
Gli ex coniugi possono presentare :
La Corte d’Appello, investita del procedimento, dovrà effettuare tutti gli accertamenti necessari affinchè si possa procedere al riconoscimento di efficacia della sentenza di nullità emessa da un Tribunale ecclesiastico, in modo che anche per lo Stato Italiano vengano meno, ex tunc, gli effetti patrimoniali e personali del matrimonio.
La delibazione riguarda solo le sentenze passate in giudicato, ma notoriamente per il diritto canonico, le sentenze ecclesiastiche di nullità non passano mai in giudicato, pertanto “si considera sentenza passata in giudicato la sentenza che sia divenuta esecutiva secondo il diritto canonico”.
La Corte d’Appello deve accertare la competenza del giudice ecclesiastico relativamente alla causa e quindi che il matrimonio sia concordatario e celebrato in Italia. Deve verificare che “nel procedimento davanti ai Tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in giudizio, in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano” che corrisponde all’ordine pubblico processuale, ed inoltre “che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere”.
Pertanto :
Si ritengono contrarie le sentenze di nullità del matrimonio che si fondano su impedimenti di natura puramente confessionale (come ad esempio la differenza di culto), pertanto i matrimoni celebrati nonostante la loro sussistenza, sono considerati validi per lo Stato italiano. Inoltre non è prevista la delibazione per le sentenze in cui sia stato leso il principio della buona fede e dell’affidamento incolpevole di una delle due parti, e non sono “delibabili” neanche le sentenze ecclesiastiche che dichiarino la nullità del matrimonio concordatario per esclusione effettuata da una sola delle parti di uno dei “bona matrimonii” da intendersi come l’esclusione di beni essenziali come la prole, l’indissolubilità, la fedeltà, e considerati contrari all’ordine pubblico nel momento in cui tale esclusione rappresenti una riserva mentale del suo autore nei confronti dell’altro coniuge.
Inoltre la Cassazione ha stabilito che non può essere sottoposta al giudizio di delibazione, la sentenza che si riferisca ad un matrimonio nel quale la convivenza dei coniugi abbia superato il terzo anno.
Il procedimento di delibazione, termina con la trascrizione della sentenza canonica di nullità del matrimonio sul Registro dello Stato Civile del Comune dove l’atto di matrimonio è stato registrato.
Da questo momento in poi, il matrimonio viene considerato nullo, come se non fosse mai stato celebrato, eccezion fatta nei confronti della prole, la quale invece continuerà a godere degli stessi effetti previsti nel caso di genitori sposati.
Sulla base di quanto illustrato, si comprende facilmente che la delibazione configura una via alternativa al divorzio civile ed infatti una volta ottenutala non sarà più necessario chiedere il divorzio, ma se la sentenza (di divorzio) sia stata già emessa allora continuerà a produrre i suoi effetti sia sul piano personale che patrimoniale.
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