Il Diritto di Famiglia

RICONOSCIMENTO DEL FIGLIO NATURALE

Il riconoscimento è una dichiarazione unilaterale di scienza con cui il figlio naturale (ora figlio nato fuori dal matrimonio) può essere riconosciuto dal padre o dalla madre oppure da entrambi, congiuntamente o separatamente, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento. Sulla base di questo atto irrevocabile si forma l’atto di nascita. Originariamente il Codice Civile definiva  il figlio naturale “illegittimo”,  “non riconoscibile” legalmente dal padre e pertanto di quest’ultimo non poteva assumere il cognome.  La riforma del diritto di famiglia del 1974, superando il concetto di figlio illegittimo e la disparità di accesso all’eredità, riconobbe la pari dignità nella successione indipendentemente dallo status di figlio naturale o legittimo. Se i genitori erano uniti in matrimonio la filiazione si costituiva in solido tra il figlio e la coppia, in caso contrario entrambi i genitori erano obbligati verso il figlio naturale. Recentemente con la legge n. 219/2012 e il suo decreto attuativo n. 154/2013 sono cadute le distinzioni tra le tipologie di figli e si è raggiunta una totale equiparazione : non ci sono più figli naturali, legittimi e adottivi, ma figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio.  Pertanto il riconoscimento è l’atto solenne e irrevocabile, non può essere revocato neanche tramite testamento, attraverso il quale i genitori, non sposati, fanno attribuire al figlio lo stato (giuridico) della “filiazione” che assume rilevanza per il diritto. 

Si può procedere al Riconoscimento : 

  • nell’atto di nascita
  • in una dichiarazione davanti all’Ufficiale dello Stato Civile
  • in un atto pubblico redatto davanti ad un pubblico ufficiale, quale ad es. un notaio
  • in un testamento, in qualunque forma sia esso stato rilasciato, ma in questo caso il riconoscimento produrrà i suoi effetti solo dal giorno della morte del testatore
  • in una domanda presentata al Giudice Tutelare 

Il D.lg. 154/2013 ha introdotto il Riconoscimento anche dei figli incestuosi, nati da genitori “consapevoli” dell’esistenza del loro rapporto di affinità o parentela, previa autorizzazione del Giudice nell’interesse superiore di evitare qualsiasi pregiudizio al figlio.

L’ultimo comma dell’art. 250 c.c. recita “Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età…”, quindi prima di quel momento il figlio non potrà essere posto in stato di adottabilità e sarà, temporaneamente, affidato presso altre persone (l’altro genitore naturale o parenti). Il riconoscimento può essere effettuato da un solo genitore o da entrambi, nel caso in cui un genitore voglia riconoscere il figlio successivamente all’altro deve chiederne il consenso a quest’ultimo. Il consenso al riconoscimento va richiesto anche al figlio qualora abbia compiuto già i 16 anni.  

La nuova legislazione 2012/2013 ha stabilito :

  • il figlio nato fuori dal matrimonio può essere riconosciuto dalla madre e dal padre, anche se  all’epoca del concepimento erano già sposati con un’altra persona
  • i genitori possono effettuare il riconoscimento già al compimento dei 14 anni
  • per privilegiare l’interesse del figlio non si può negare il consenso al riconoscimento e qualora ciò avvenisse si potrà ricorrere al giudice competente

La legge prevede tre tipi di impugnazione del riconoscimento:

  1. ex art.263 c.c. per difetto di veridicità : quando non vi è coincidenza tra il soggetto che opera il riconoscimento e quello che effettivamente ha dato luogo al concepimento. Molto spesso in giurisprudenza, è consentita l’impugnazione anche nel caso in cui il riconoscimento sia stato effettuato in violazione delle norme di legge o con dichiarazioni false. In questo caso l’azione può essere esperita dall’autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse (come per es. il vero genitore).
  2. ex art. 265 c.c. per violenza intesa come vizio della volontà. Essa, pertanto, sarà rilevante sia quando abbia ad oggetto la persona che ha operato il riconoscimento (o i suoi beni), sia quando “il male minacciato riguarda la persona o i beni del coniuge del contraente o di un discendente o ascendente di lui” ex art.1436 c.c.. L’impugnazione spetta all’autore del riconoscimento entro 1 anno dal giorno in cui la violenza è cessata. Se l’autore del riconoscimento è minore, l’azione può essere promossa entro 1 anno dal conseguimento della maggiore età
  3. ex art. 266 c.c. per l’incapacità che deriva da interdizione giudiziale, che è il procedimento attraverso cui si limita, di regola in maniera totale, la capacità di agire di coloro che si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi. In questo terzo caso l’impugnazione viene promossa dal rappresentante dell’interdetto e, dopo la revoca dell’interdizione, dall’autore del riconoscimento, entro 1 anno dalla data della revoca.

Se il riconosciuto è minore o interdetto non può impugnare il riconoscimento a meno che il giudice non abbia nominato un curatore speciale su istanza del tutore o dello stesso minore sedicenne.

Se il riconoscimento corrisponde a verità nonostante  si sia verificato in presenza di errore o dolo (e quindi inganno), prevarrà sempre l’interesse del figlio.

In presenza  di impugnazione del riconoscimento il giudice può intervenire per la tutela del figlio.

L’azione di impugnazione del riconoscimento, con la Legge 219/2012, è diventata imprescrittibile e cioè non soggetta a termini, soltanto per il figlio, invece  gli altri legittimati devono esercitarla entro i termini di decadenza previsti dalla legge.

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Avv. Stefania Zarba Meli

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