COMUNIONE E CONDOMINIO
Il nostro Ordinamento, così come in precedenza il diritto romano, stabilisce che la Comunione nasce quando più soggetti (detti comunisti) sono titolari di uno stesso diritto reale, quasi sempre diritto di proprietà, sul medesimo bene (mobile o immobile). Quindi la comunione si verifica quando due o più soggetti sono proprietari del medesimo bene (automobile, casa, barca). Trattasi quindi di un diritto soggettivo che appartiene a più soggetti, ognuno dei quali ha la stessa quota di partecipazione e di conseguenza i medesimi oneri e vantaggi sul bene in comune, salvo i casi in cui sia diversamente previsto. Di solito è pro indiviso e si estende all’intero bene indiviso, ma può esserci anche una comunione pro diviso se a ciascun comunista viene attribuita una quota ben determinata del bene.
Si parla in particolare di Comproprietà quando la comunione ha per oggetto il diritto di proprietà : in tal caso il bene in comunione viene amministrato da tutti i comunisti che, convocati in assemblea ordinaria, decidono per gli atti di ordinaria amministrazione. Qualora ci fosse un comunista rinunciatario, la sua quota verrà automaticamente e proporzionalmente, divisa tra i restanti nella comunione. La Comunione può sciogliersi, anche a richiesta di uno soltanto dei comunisti, mediante divisione del bene: ogni partecipante avrà o una parte del bene o il valore equivalente alla propria quota.
La Comunione può essere :
1. volontaria, quando deriva dalla volontà dei partecipanti che acquistano o mettono in comune la proprietà del bene;
2. incidentale, quando dipende da fatti fortuiti come la devoluzione di una successione a causa di morte. In questo caso se la comunione ereditaria ha per oggetto un bene produttivo (per esempio la continuazione dell’attività d’impresa che esercitava il defunto), è richiesta la manifestazione di una precisa volontà di parteciparvi (Tribunale di Milano, 20/03/1997).
3. forzosa o legale, quando la contitolarità della proprietà sullo stesso bene è attribuita dalla legge, come nel caso del Condominio.
Il condominio è un tipo di comunione che può avere per oggetto solo edifici e prevede che alcune parti, appunto le unità immobiliari, siano di proprietà esclusiva di distinti soggetti, mentre altre parti, che consentono il godimento delle prime, siano di proprietà comune a tutti.
Pertanto un immobile è in comunione quando due o più persone, in ragione della loro quota, ne sono proprietarie per l’intero ;
un edificio è in condominio quando più persone (i condomini) sono proprietarie esclusive di singoli appartamenti e comproprietarie delle parti in comune.
Nella comunione, disciplinata dall’articolo 1100 fino al 1116 del c.c., ogni comunista ha il solo diritto di proprietà comune indivisa, il condomino, invece, ha due diritti : quello di proprietà esclusiva e quello di proprietà di comunione, forzosa e necessaria per la conservazione e la manutenzione di quelle parti comuni che, essendo condominiali, non possono essere frazionate. Ad esempio un edificio con cento appartamenti può essere in comunione e un immobile con due unità immobiliari può essere in condominio. Su quest’ultimo punto la Suprema Corte si è pronunciata nel 2006, affermando che “nel caso di edificio in condominio composto da due soli condòmini, il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condòmino, regolato dall’articolo 1134 cod. civ., è riconosciuto soltanto per le spese urgenti, e cioè quelle che devono essere eseguite senza ritardo e la cui erogazione non può essere differita senza danno; è inapplicabile, invece, nella suddetta ipotesi l’articolo 1110 del codice civile, il quale subordina il diritto al rimborso delle spese anticipate da uno dei comunisti, alla mera trascuratezza degli altri condomini”.
Pertanto in caso di condominio minimo (di due condomini) si applicano le norme del condominio e non quelle della comunione.
Nel condominio, a differenza della comunione, la quota di partecipazione ai diritti e alle spese di ogni condomino è determinata dal rapporto proporzionale, espresso in millesimi contenuti nelle tabelle millesimali, tra l’appartamento di proprietà esclusiva e le parti comuni (condominiali), fatto salvo diverso accordo.
Il condominio e la comunione differiscono anche in materia di obbligazioni ed infatti la comunione prevede il principio di solidarietà : ognuno può pagare per tutti salvo rivalsa, mentre per il condominio, le Sezioni Unite della Cassazione (n. 9148/08) hanno escluso la solidarietà delle obbligazioni, riconoscendo, invece, la parziarietà delle stesse per cui ognuno paga per sé.
L’articolo 1129 c.c. stabilisce che quando i condomini sono più di quattro, hanno l’obbligo di nominare l’amministratore, figura quest’ultima sempre facoltativa nella comunione.
Decreto ingiuntivo del Condominio al condomino moroso, a chi spetta delle due parti pagare l’imposta di registro
Come a molti è noto, tutti gli atti giuridici - atti giudiziari, atti pubblici, scritture private autenticate o non autenticate - tramite i quali l'Autorità Giudiziaria ordinaria o speciale, definisce anche parzialmente, un procedimento civile, sono soggetti a registrazione e quindi a tassazione, così come stabilito dal d.p.r. n. 131/86.
I decreti ingiuntivi non fanno eccezione a detta regola, quindi dal momento in cui diviene esecutivo (si badi bene : presupposto della tassazione è la mera esecutività del decreto, non è necessaria l'esecuzione effettiva), il decreto ingiuntivo, dopo la sua emanazione viene trasmesso alla Agenzia delle Entrate per la determinazione (solitamente trattasi del 3 % della sorte capitale richiesta) e l’applicazione della imposta di registro. La registrazione deve avvenire nei termini indicati dalle normative vigenti in materia fiscale. Termini che variano a seconda della tipologia dell’atto. Per gli atti della Autorità Giudiziaria ordinaria i termini possono variare da 10 a 30 giorni dopo la emanazione/pubblicazione dei provvedimenti, ad un massimo di giorni 60, per i decreti di trasferimento e gli altri atti nei quali il cancelliere interviene come Ufficiale rogante.
Dal disposto normativo dell’art. 1196 c.c. che testualmente recita : “Le spese del pagamento sono a carico del debitore (672, 1215, 1245, 1475, 1510, 1774)” si evince che la ratio legis della norma, è quella che sia il debitore a dover sopportare le spese del pagamento, proprio a causa della sua posizione debitoria. Pertanto sarebbe suo onere adoperarsi – senza indugiare - con riguardo al pagamento della imposta, determinandone l’importo tramite lo strumento messo a disposizione dei contribuenti sul sito della Agenzia delle Entrate “calcolo degli importi per la tassazione degli atti giudiziari", invece di attendere che giunga (dopo esser trascorso moltissimo tempo), la comunicazione proprio da parte della Agenzia stessa.
Per la precisione con riguardo ai decreti ingiuntivi, segnalo che l'imposta è determinata in misura fissa pari ad €. 200,00 - se il provvedimento prevede la condanna al pagamento di una somma soggetta a Iva -, negli altri casi è calcolata secondo un'aliquota pari al 3% del valore.
Spesso purtroppo accade che il debitore non si preoccupi dell’incombente, per cui, dopo molto tempo, l’Agenzia si fa viva, domandando ad entrambi i contendenti (condominio e condomino) il pagamento dell’imposta nei confronti della quale, per l’erario, essi sono obbligati in solido (ma solo nei confronti dell’Erario, non per la legge!), per cui l’Amministratore di Condominio diligente, onde evitare di esporre il Condominio al pericolo che la Agenzia delle Entrate possa emettere un “avviso di liquidazione dell’imposta” foriero poi di una successiva cartella esattoriale (talvolta purtroppo il condominio moroso che ha costretto il Condominio ad adire le vie legali, rifiuta di corrispondere l’imposta), provvede tempestivamente al pagamento, anticipando la somma dovuta all’Erario, che di conseguenza dovrà essere imputata al condomino moroso, causa dell’emissione del decreto!
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