Diritto societario

CONCORRENZA SLEALE

In ambito economico-produttivo con l’espressione “concorrenza sleale” si intende il compimento di tecniche, pratiche, atti e comportamenti illeciti, diretti ad ottenere indebite (immeritate) posizioni di vantaggio nei confronti delle altre imprese competitrici che operano sul mercato,  oppure atti diretti a danneggiarle per incrementare il proprio profitto. La concorrenza è alla base dell’attività imprenditoriale e del libero mercato, essa infatti stimola le Imprese a fornire servizi e beni sempre più innovativi a prezzi sempre più competitivi, ma al tempo stesso esse si trovano a doversi difendere dai crescenti “attacchi” da parte della concorrenza sleale, quali : spionaggio industriale, infedeltà di dipendenti e collaboratori, distrazione della clientela, furto dati dell’azienda (ad esempio delle gare d’appalto, delle liste clienti…), violazione obbligo di esclusiva, appropriazione di qualità e pregi relativi a prodotti ed attività altrui, contraffazione di Brand, di beni o prodotti, intercettazione illecita, audio e video…solo per citarne alcuni. 

Il nostro Codice Civile si occupa della fattispecie in esame all’articolo 2598, esso infatti definisce gli atti vietati e scorretti che danno origine alla concorrenza sleale distinguendoli in :

1. atti di confusione ovvero che creano disguidi da parte degli operatori economici come :

  • usare nomi, loghi o insegne appartenenti ad altri, in quanto legittimamente registrati, (come nel caso di una società che fa proprio il marchio di un’altra azienda concorrente);
  • imitare totalmente i prodotti di un’impresa concorrente;
  • effettuare atti che provochino confusione sull’attività o sul prodotto della concorrenza.

2. Atti di denigrazione e di vanteria nei quali rientrano tutti quei comportamenti diretti a calunniare e gettare discredito su un’azienda concorrente, mediante notizie false e tendenziose, o apprezzamenti diffamanti relativi ai prodotti o all’attività da essa svolta. 

Si ha un atto di vanteria quando un’impresa esalti le qualità del proprio prodotto come uniche, screditando cosi quello dei concorrenti : per esempio la camomilla X è la sola che concili il sonno davvero!  

3. Atti contrari alla correttezza professionale che il nostro codice civile, identifica, in modo molto generico, in tutti quei comportamenti, espliciti o impliciti, contrari alla correttezza professionale che arrechino danno ad un’azienda concorrente. Rientrano in questa categoria :

  • il dumping, una strategia commerciale che consiste nel fissare prezzi diversi a consumatori diversi, essa si identifica nella vendita del proprio prodotto ad un prezzo basso per “scavalcare” la concorrenza. Detta modalità può costituire una barriera al commercio internazionale quando l’impresa vende il proprio prodotto al mercato estero ad un prezzo più basso rispetto a quello praticato nel mercato nazionale. 
  • lo storno di dipendenti, finalizzato allo sviamento della clientela, rientra nella concorrenza sleale quando un’azienda sollecita i dipendenti di un’altra, a dare le dimissioni per poi riassumerli con animus nocendi, ossia al solo scopo di causare un danno alla concorrente, violando in tal modo, i principi di correttezza e buona fede. Come nel caso di una Compagnia assicuratrice che assume l’ex amministratore di una altra Compagnia operante nello stesso settore, per appropriarsi di notizie riservate (quali veicoli assicurati, portafoglio clienti…) allo scopo di sviare i clienti della concorrente, proponendo loro condizioni più vantaggiose.
  • la violazione del patto di non concorrenza, disciplinato dall’art. 2125 c.c., è lo strumento attraverso il quale l’imprenditore (datore di lavoro)  per proteggersi da un'eventuale attività di concorrenza da parte dell'ex dipendente, può limitare l'attività professionale di quest’ultimo, successiva alla cessazione del rapporto di lavoro. Il patto di non concorrenza è una clausola contrattuale indispensabile attraverso la quale le aziende possono tutelarsi, proteggendo il proprio patrimonio di conoscenze, anche in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro con i dipendenti. Esso ha lo scopo di evitare, che il lavoratore dimissionario o licenziato, trovando lavoro presso un’azienda concorrente possa “divulgare” dati sensibili del patrimonio aziendale della precedente. 
  • il tacere l’esistenza di un conflitto di interessi da parte di un socio che partecipa, contemporaneamente, ad un’altra società concorrente.
  • lo spionaggio industriale indica un’attività illecita condotta per ottenere in maniera, non autorizzata, informazioni industriali, commerciali e segreti da altre aziende causando un danno d’immagine con conseguente sottrazione di clientela alla concorrenza. E’ un reato punito  dal nostro codice penale negli articoli 621 “Rivelazione del contenuto di documenti segreti”, 622 “Rivelazione di segreto professionale” e 623 “Rivelazione di segreti scientifici o industriali”. Attualmente lo spionaggio industriale si effettua soprattutto copiando dati informatici: mediante intercettazioni telefoniche, telematiche,  ambientali, ovvero furto di dati o sistemi informatici tra cui rientrano sicuramente  brevetti, modelli, progetti, software, liste fornitori e clienti, prezzi e sconti…. Pertanto è fondamentale effettuare una analisi forense dei sistemi utilizzati per il trafugamento delle informazioni, anche perché, pur trattandosi di un reato, coloro che lo commettono non lo considerano tale quando i dati sensibili aziendali copiati sono stati realizzati da loro stessi nel periodo di lavoro. Per contrastare le gravi conseguenze di uno spionaggio industriale  quali : la perdita di commissioni e di clientela, le dimissioni di massa di dipendenti e la fuga di notizie, è possibile ricorrere al controspionaggio (industriale) costituito da  quelle attività preventive dirette ad individuare ed eliminare tutte le possibili minacce relative a vulnerabilità informatiche o cattivi comportamenti delle persone (social engineering).

 

La legge consente, invece, ogni forma di pubblicità comparativa fondata su fatti oggettivi facilmente verificabili se non provochi confusione nel consumatore o sul mercato e non getti discredito sulla concorrenza.

Quando gli atti di concorrenza sleale sono rivolti ad una intera categoria professionale, l’azione per reprimere tali atti, può essere promossa dall’associazione professionale o dagli enti che la rappresentano.

Contro la concorrenza sleale si può intervenire anche in via extragiudiziale. Le imprese, infatti, possono presentare denuncia al Garante per la Concorrenza e il Mercato affinchè accerti l’illecito. In caso positivo si addiverrà ad una soluzione arbitrale che escluderà il giudizio e i costi ad esso annessi.

Purtroppo quello della concorrenza sleale è un fenomeno in continua crescita che non riguarda solo i giganti dell’economia mondiale, quali Coca-Cola, Pepsi, Samsung o Apple, ma un po’ tutte le aziende di ogni dimensione. Anche in Italia due aziende su tre, corrono tale rischio, soprattutto quelle che operano nel  settore dei trasporti, della ristorazione, degli alloggi, del magazzinaggio, delle costruzioni e dei servizi alla persona. Le imprese “concorrenti sleali”, di solito, applicano prezzi più bassi di quelli delle aziende che invece assumono regolarmente i loro dipendenti, pagano le tasse e investono sulla sicurezza, ma che sempre più spesso si vedono costrette a chiudere, in quanto economicamente impossibilitate a difendersi, mediante un procedimento giudiziario o un miglioramento della qualità dei loro prodotti. 

 

La concorrenza sleale del lavoratore dipendente

L’obbligo di fedeltà, ex art. 2105 c.c., grava su tutti i lavoratori dipendenti, pertanto, anche se non stipulato espressamente, il lavoratore subordinato non può svolgere un’attività in concorrenza con il proprio datore di lavoro ,senza incorrere nel rischio di licenziamento ed in questo caso, è irrilevante che l’attività in concorrenza sia svolta in qualità di lavoratore dipendente, autonomo, occasionale, con partita IVA ovvero collaboratore. Non conta, inoltre, la mansione svolta e se sia retribuita o meno. 

Il divieto di concorrenza non si estende al lavoratore part-time a meno che non si accerti che questi abbia richiesto una riduzione dell’orario di lavoro proprio al fine di eluderlo. 

In presenza di concorrenza sleale le sanzioni, ex art. 2599 c.c., consistono nella cessazione dell’attività in corso e nel conseguente divieto di continuare a svolgerla. 

I risarcimenti, invece, sono disciplinati dall’art. 2600 c.c. che recita: ”Se gli atti di concorrenza sleale sono compiuti con dolo o con colpa, l’autore è tenuto al risarcimento dei danni.”.

 

Antitrust

Tra i metodi per riuscire a difendersi dalla concorrenza sleale, oltre alla necessaria conoscenza della legge italiana, rientra anche il ricorso all’istituzione pubblica Antitrust. Con tale termine (in italiano anti-monopolio) si intende l’insieme delle norme giuridiche poste a tutela della concorrenza sui mercati economici. Queste, definite anche Diritto antitrust o Diritto della concorrenza, hanno lo scopo di tutelare, in generale, il meccanismo concorrenziale, evitando che le imprese, congiuntamente o singolarmente, possano creare pregiudizio alla regolare competizione economica, ponendo in essere condotte che provochino accordi restrittivi della concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni dirette a creare o rafforzare, posizioni di monopolio. Con il termine “antitrust”, tuttavia, si indica anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), la quale controlla l’osservanza e il rispetto di tutte quelle norme, che hanno lo scopo di favorire un’economia di mercato libera, nella quale ogni impresa possa assumere decisioni indipendentemente dalle sue concorrenti, ciò al fine di garantire una concorrenza che generi una distribuzione di beni e servizi più efficiente, a prezzi più bassi, con una migliore qualità e soprattutto al massimo dell’innovazione. 

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