DIRITTO DEL LAVORO

SENTENZA FOODORA E RIDERS:

LA PRONUNCIA DELLA CORTE D’APPELLO DI TORINO

La Corte d’Appello di Torino l’11 gennaio 2019 ha parzialmente accolto le richieste dei c.d. riders di Foodora e, nei fatti, applicato per la prima volta l’art 2 del d.lgs. 81/2015. È stato quindi riconosciuto il diritto dei riders a vedersi corrispondere quanto maturato in relazione all’attività lavorativa da loro effettivamente prestata il favore dell’appellata sulla base della retribuzione, diretta, indiretta e differita stabilità per i dipendenti del V livello CCNL “Logistica trasporto merci”.

MODALITA’ DELLA PRESTAZIONE DEI RIDERS

La prestazione lavorativa si svolgeva a grandi linee nel modo seguente. Dopo aver compilato un formulario sul sito della società, i riders venivano convocati in piccoli gruppi per un primo colloquio nel quale veniva loro spiegato che l’attività presupponeva il possesso di una bicicletta e la disponibilità di uno smartphone. Così, veniva loro proposta la sottoscrizione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e venivano loro consegnati i dispositivi di sicurezza (casco, maglietta, giubbotto e luci) e l’attrezzatura per il trasporto del cibo (piastra di aggancio e box). Il contratto che veniva sottoscritto aveva le seguenti caratteristiche:

-era un contratto di collaborazione coordinata e continuativa;

-era previsto che il lavoratore fosse libero di candidarsi o non candidarsi per una specifica corsa a seconda delle proprie disponibilità ed esigenze di vita;

-il lavoratore si impegnava ad eseguire le consegne avvalendosi una propria bicicletta idonea e dotata di tutti i requisiti richiesti dalla legge per la circolazione;

-era previsto che il collaboratore avrebbe agito in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo di subordinazione, potere gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di presenza o di orario di qualsiasi genere nei confronti della committente, ma era tuttavia fatto salvo il necessario coordinamento generale con l’attività della stessa committente;

-era prevista la possibilità di recedere liberamente dal contratto, anche prima della scadenza concordata, con comunicazione scritta da inviarsi a mezzo raccomandata con 30 giorni di anticipo;

-il lavoratore, una volta candidatosi per una corsa, si impegnava ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo, pena l’applicazione a suo carico di una penale di € 15;

-il compenso era stabilito in 5,60 euro al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali per ciascuna ora di disponibilità;

-il collaboratore doveva provvedere ad inoltrare all’Inps domanda di iscrizione alla gestione separata e la committente doveva provvedere a versare il relativo contributo;

-la committente doveva provvedere all’iscrizione del collaboratore all’Inail.

La gestione del rapporto avveniva attraverso una piattaforma multimediale e un app per smartphone, per il cui uso venivano fornite dall’azienda delle apposite istruzioni. L’azienda pubblicava settimanalmente l’indicazione del numero dei riders necessari per coprire ciascun turno. Ciascun rider poteva dare la propria disponibilità per i vari slot in base alle proprie esigenze personali, ma non era obbligato a farlo. In seguito, assegnati i turni, i riders dovevano presenziare nel luogo indicato per effettuare le consegne.

LA FUNZIONE DELLA GIUSTA CAUSA

Secondo la Corte di Cassazione “costituisce requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato, ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo, il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, Il quale discende dall’emanazione degli ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative”.

Nei casi in cui è oggettivamente difficile, per le modalità della prestazione lavorativa, riuscire a tracciare una demarcazione netta tra un rapporto di lavoro subordinato e lavoro autonomo, la giurisprudenza sottolineato che il giudice può ricorrere ad elementi sussidiari con funzione indiziaria che possono ricondurre un determinato rapporto sotto l’alveo del rapporto di lavoro subordinato, come ad esempio: l’osservanza di un determinato orario, l’inserimento del soggetto all’interno dell’organizzazione aziendale, l’assenza di rischio per il lavoratore, la forma della retribuzione.

Per quanto riguarda i riders, la Corte d’Appello di Torino ha ritenuto di confermare quanto già stabilito dalla sentenza di primo grado. Infatti, la sentenza 26/2019, partendo dal dato letterale dell’art 2094 c.c., si è focalizzata sulla circostanza che i riders fossero liberi di dare, o meno, la propria disponibilità per i vari turni offerti dall’azienda. Infatti, erano loro che decidevano se, e quando, lavorare senza dover giustificare la loro decisione e senza doversi cercare un sostituto, inoltre potevano anche non prestare servizio nei turni per i quali loro disponibilità era stata accettata, revocando la stessa o non presentandosi. Mancava, per il collegio giudicante, il requisito dell’obbligatorietà della prestazione, che è un requisito essenziale dell’art 2094 c.c.

La Corte d’Appello ha dunque rigettato la domanda dei riders sul riconoscimento del lavoro subordinato nella prestazione effettuata da quest’ultimi.

SULL’APPLICAZIONE DELL’ART 2 DEL D.LGS. 81/2015

Ed è proprio sull’applicazione dell’art 2 del d.lgs. 81/2015 che il collegio giudicante, diversamente da quanto affermato dal giudice di prime cure, ha, di fatto, introdotto nel nostro ordinamento un tertium genus di rapporto di lavoro. 

Interpretando il suddetto articolo, la corte d’appello ha esteso ai riders alcuni diritti dei lavoratori subordinati, pur rimanendo lavoratori autonomi.

Ex art 2 del d.lgs. 81/2015 “a far data dal 1 gennaio 2016, si applica alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche i rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro”.

Secondo il collegio la norma in questione individua un terzo genere, che si viene a porre tra rapporto di lavoro subordinato e la collaborazione come prevista dall’art 409 cpc.

L’art 2 postula un potere di etero-organizzazione in capo al committente circa le modalità di esecuzione della prestazione anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro. Esso prevede un etero-organizzazione del committente che non è presente nella collaborazione di cui all’art 409 cpc, poiché in quest’ultima vi è la libera organizzazione del collaboratore anche per quanto concerne i tempi e i luoghi di lavoro.

Altro elemento importante è la continuità. Difatti per la Corte d’Appello la continuità a turni è elemento decisivo, insieme all’etero-organizzazione del committente per l’applicazione dell’art 2. Ciò significa che il lavoratore etero-organizzato resta, tecnicamente, “autonomo” ma per ogni altro aspetto, ed in particolare per quel che riguarda sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita, limiti di orario, ferie e previdenza, il rapporto è regolato nello stesso modo. Quindi, entro tali limiti, deve essere accolta la domanda degli appellanti volta al riconoscimento del loro diritto ad ottenere il trattamento retributivo dei lavoratori dipendenti ma solo riguardo ai giorni e alle ore di lavoro effettivamente prestate. Bisognerà ora vedere se l’interpretazione della Corte d’Appello di Torino verrà confermata dalla Corte di Cassazione.

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Avv. Stefania Zarba Meli

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